La crisi dei fondamenti della matematica è il fallimento del tentativo di dare una rigorosa giustificazione formale all'insieme di definizioni e deduzioni su cui si basa l'aritmetica (e conseguentemente anche la matematica nella sua interezza), il quale fu seguito all'inizio del Novecento da una radicale revisione dei concetti fondamentali della disciplina.[1][2]
In seguito al grande impulso ricevuto dalla formalizzazione nel corso dell'Ottocento grazie al lavoro di matematici come George Boole, Giuseppe Peano e Richard Dedekind, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo un nutrito gruppo di studiosi si impegnò nel tentativo di dare una rigorosa fondazione logica ai contenuti delle proposizioni matematiche, con l'obiettivo di produrre una giustificazione assoluta della loro validità (in ciò fu importante specialmente il lavoro di Gottlob Frege); tuttavia l'insorgenza di difficoltà inaspettate (in particolare una serie di paradossi portati alle loro estreme conseguenze da Kurt Gödel nel 1931), finì per dimostrare l'incompletezza di tutta la matematica.
È in generale riconosciuto il ruolo che la crisi dei fondamenti della matematica rivestì nella più ampia crisi che all'inizio del Novecento investì anche la fisica, la psicologia e la filosofia, provocando una perdita di certezze nel campo dell'epistemologia e della filosofia della scienza che portò in ultima analisi al crollo delle teorie filosofiche positiviste.[3]